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Stima e paura

Quando feci presente a una persona che lei non mi stimava, quella entrò sulle furie e non s'acquietò neppure quando le chiesi scusa, se avevo errato. Ma non avevo errato, perché quella sua sfuriata era lampante conferma che non mi stimava.
     Le vera stima eguaglia emotivamente chi stima con colui che è stimato.
     La paura invece, che è quella che sta alla fonte delle escandescenze, non s'accende tra uguali, ma nasce in chi è o si sente inferiore.
     La paura di chi si sente inferiore genera sospetti, nascosti sotto l'orpello della prudenza o, peggio, dello zelo (nelle persone che hanno la veste professionale della religione). La paura induce a offendere la persona che si teme, quasi per sfidarla (non è questa la dinamica della bestemmia?). La paura cerca di estromettere dalla vita del pavido e dalle sue attività la persona verso cui si ha paura, oppure nascondergli le nostre azioni, come il pulcino che nascondendosi sotto le ali della chioccia immagina di ripararsi.

La paura isola realmente, anche se il pauroso fa palco nel mostrarsi faceto e aperto. Quante paure dentro chi fa il buffone, per nascondersi agli occhi degli altri!
     La stima unisce, permette una comunanza di idee, fa assimilare in pace le idee della persona stimata, poiché non v'è paura di essere invaso.
     Mentre la paura è in agguato per scartare le idee e le azioni del temuto, la stima è aperta e famelica di arricchirsi proprio del pensiero e del cuore dello stimato.

Verso Gesù c'era e stima e paura. Chi lo stimava era contagiato dal suo spirito. Chi lo temeva insidiava la sua vita.
     Gesù aveva infinita stima del Padre. E temeva la cattiveria degli uomini potenti, che furoreggiavano contro di lui con le violenza, tanto da scappare davanti alle mene di Erode, o di lamentarsi di restare ancora in questa generazione adultera.
     Anche Gesù verso il potere (piccolo o grande) minaccioso, nutriva paura, non stima.  

GCM, 06.04.03