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La verità irrita

La verità, pronunciata da Gesù, il Verbo eterno, non solo non convince chi non è dei suoi (le “mie” pecore ascoltano la “mia” voce), ma, per somma contraddizione, è scambiata per bestemmia. Succede davanti al Sinedrio, dove Gesù è trascinato legato, come risposta chiara.
Il sommo sacerdote interroga: “Sei tu il Cristo, il Figlio di Dio benedetto?”. Gesù aveva una sola risposta: “Sì”. Non poteva aver risposte contrarie alla verità di Dio, che Lui impersonava. Lui non era figlio di Dei falsi e bugiardi.
Egli poteva anche non rispondere, come fece più tardi davanti a Pilato, e come aveva fatto poc’anzi davanti alle accuse che gli erano lanciate.

Gesù pronunciò, quindi, la verità su se stesso. Risultato? L’adorazione, come aveva fatto il cieco guarito? L’entusiasmo della gente? No: Gesù si trovava davanti all’autorità, ed era invitato a dire la verità di rivelazione. Perciò doveva rispondere al modo voluto dall’autorità, cui interessa non la verità, ma l’obbedienza al potere.
Perciò il potere sentenzia: “Ha detto la verità? Quindi ha bestemmiato!”.

Per sottolineare la purezza dell’autorità, il Sommo Sacerdote agisce proprio da prete: si straccia le vesti.
La verità di Gesù offende. Perfino le piccole nostre verità, come ci ricorda la canzone, fanno male.
I martiri muoiono perché non possono non affermare che Gesù è Dio.
La domanda: noi riusciamo a dire la verità su Gesù e su noi stessi? Oppure la verità brucia e scotta, e quindi, tra l’altro, bruciamo o nascondiamo i crocifissi?

26.08.19