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Felicità

Se tutti ci accontentassimo di gustare la vita e l’amore, senza pretendere da questi la felicità, allora gusteremmo la pace dentro di noi e attorno a noi.

Gesù ci ha donato la pace, immergendoci nell’amore. Gesù ha dichiarato beati i poveri e i credenti, ma li ha avvertiti che la povertà resterà sempre con noi, e che la fede non esime dalla persecuzione.

Beati, non felici. La felicità è riservata a dopo: è ovvio ricordare quanto l’Immacolata diceva a Bernadetta. Oggi ci sono donati solo sprazzi di felicità, quasi scintille che sprizzano dall’eterno.

La pace di Gesù può diventare uno stato, la beatitudine una condizione, la felicità un attimo sempre incompleto.

Il nostro desiderio di felicità è autentico, perché ne siamo capaci. Ma essa resta un dono. Quando noi pretendiamo di farla sgorgare, la perdiamo rovinandola nell’illusione di averla conquistata. La felicità è un dono di Dio, che segue la beatitudine, quando noi accettiamo di amare nella pace.

La vita e l’amore sono sì fonti di pace, ma soltanto prodromi di felicità. Le persone che si illudono di esser felici, sono tutt’al più contente, perché la felicità è un orizzonte, non uno stato.

L’orizzonte che si identifica con il pieno godimento di Dio. Solo lui è in sé felicità totale, che è aperta alla nostra felicità. Felicità totale, calamita della nostra vita e del nostro desiderio.

Eppure già ora possiamo godere della felicità: entusiasmandoci per la felicità che Dio vive in sé. La lode al Dio felice è un’umile partecipazione della sua pienezza, quella pienezza che il Padre ha immesso nel Figlio, e della quale noi partecipiamo nel Figlio.

GCM 03.09.05