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Valori  o  persona?

Il comportamento del credente deve seguire la morale, oppure vivere una persona?

La morale si conforma a norme, che cercano di tradurre dei valori (dall’assiologia, passando dalla teleologia, fino alla deontologia). Ma proprio il richiamarci ai valori (ciò che garba ai laicisti) è molto ambiguo. I valori, infatti, stanno nella regione dell’astratto, e l’uomo può crearseli come e quando vuole. Per il ladro il rubare è un valore, e il rubare con astuzia è un plusvalore.

Dio, in Gesù, non ci ha dato valori, ma ci ha donato una persona. Il mondo dei valori è un mondo astratto, degno del più alto aristotelismo (perché non rammentare “L’etica a Nicomaco”?).

Il cristiano che si incontra con il mero mondo dei valori, si ferma piuttosto in basso. Il cristiano che si unisce a Gesù si alza nel Cristo Risorto: “vivo io, ma non vivo più io, in me vive Cristo”.

La mia vita non è più regolata da leggi, ma dalla persona di Gesù, che travalica le leggi, si pone al di sopra di esse e si serve delle leggi. Non schiavo delle leggi, ma loro padrone.

Anche psicologicamente la vita acquista una rinnovata dinamica.

Freud dopo la fase del “piacere” poneva quella del “dovere” (l’uomo della morale cosciente). Erikson superava questa fase con quella della relazionalità matura, che, secondo Bro, procura l’eutrapelia, ossia la gioia nuova.

Il cristiano, che si è liberato dalla fase del dovere e della legge, si eleva alla fase personale dell’incontro con Dio in Gesù. Perciò: piacere, dovere e gioia dell’incontro. Ossia: piacere, morale, grazia. L’uomo animale, l’uomo psichico, l’uomo spirituale in Gesù.

GCM 16.04.05