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Discorrere su Dio

Il discorso su Dio anche oggi si rinnova. Chi lo intreccia per negare l’esistenza di Dio, chi per affermarla, chi per lasciarla all’interno di una domanda.

Definirlo il discorso “su” Dio è pretenzioso, poiché Dio non è attingibile dal nostro pensare. In realtà il discorso “su” Dio, è un discorso sul pensare (o non pensare) degli uomini. Che cosa io o gli altri ipotizziamo attorno alla parola Dio, e a ciò che noi immaginiamo sia il suo contenuto.

Non abbiamo ancora scoperto il perché della vita di un fagiolo e pretendiamo di scoprire chi è Dio e la sua esistenza.

Eppure la domanda sul nostro pensare Dio, si riaffaccia, quando ci inoltriamo nella ricerca del perché dell’universo, nell’impatto con la gioia, la sofferenza e la morte.

Se ancora ha un senso (e ce l’ha) la domanda su Dio, la risposta non possiamo darcela noi. Perfino quando cerchiamo di capire “chi” è quella persona che mi sta davanti, se essa non si esprime, noi vaghiamo nel pieno di congetture, dalle quali certamente non sgorgherà la risposta piena, esauriente.

Se Dio c’è, per conoscerlo egli deve parlare. Se egli parla, allora c’è.

Ha parlato? Ha detto qualche cosa di sé?, Ha fatto trasparire qualche cosa di sé, in modo percepibile da noi?

E noi con quale strumento o con quale facoltà possiamo udire la sua voce o constatare la sua presenza?

Si capovolge il nostro discorso “su” Dio, per cambiarsi in discorso o parola di Dio. E’ possibile che Dio parli? E come?

Ecco allora la discussione sul “profetismo” e su il “Verbo fatto uomo” Se il profetismo è possibile e anche reale, allora possiamo parlare di Dio, proprio perché Dio parla di sé.

GCM 10.02.06