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Parlare di Dio

Ho ripreso in mano un libro titolato” Dio e la nuova fisica” (Paul Davies). Evidentemente c’è un errore nel titolo, e quindi nel contenuto. Il titolo potrebbe essere “Teologia e la nuova fisica”.

L’altra svista si rileva dal metodo: Dio non può essere guardato con il metodo della fisica. A ogni oggetto di ricerca è necessario riconoscere il suo statuto metodologico.

L’altra svista è quella di credere che la fisica sia certa di sé e indaghi “oggettivamente” la realtà. Al contrario, anche la fisica è un prodotto dell’uomo, zeppo di teorie, ma non è e non può essere un cogliere la realtà in sé, che sfugge sempre al soggettivismo investigativo dell’uomo.

Il gioco quindi è tra il pensiero del teologo e il pensiero dello scienziato fisico. Perciò sia il teologo che il fisico non possono vantare di aver toccato l’oggetto della loro nobilissima ricerca. Non solo Dio  ma anche il mondo, sono oltre le teorie teologiche o scientifiche.

I Padri della Chiesa, consci dell’impossibilità di raggiungere Dio, hanno umilmente dichiarato che di Dio si può parlare soltanto “balbettando”.

Il fisico che intende parlare di Dio, con le proprie categorie, deve, prima di tutto, ammettere che il proprio metodo è presuntuoso quando afferma qualunque cosa riguardo a Dio.

In mezzo a questi silenzi del teologo e del fisico, su Dio, l’unica luce, ancora fievole, che si apre su Dio, è la “rivelazione”, la quale si esprime con le nostre parole quotidiane. Il fisico chiede fiducia sulle sue intuizioni dei quanti, il credente si fida non su ipotesi, ma sulla parola rivelata di Dio.

GCM 07.05.06