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Mi ami?

Gesù chiese tre volte e Pietro: "Tu mi ami?".

Lo chiese da risorto. Sembra che allora non gli fosse sufficiente l'infinito amore del Padre, dopo essersi immerso nella gloria eterna.

A Pietro, che l'aveva rinnegato, (come facciamo noi ogni giorno) chiese non riparazione, ma amore. La riparazione è un'azione commerciale, vendicativa. L'amore è libero. E Gesù è venuto a portare tra noi la libertà, quella autentica, non quella tanto proclamata da molti e imposta a tutti: una libertà imposta, che razza di libertà è?


Anche a noi Gesù chiede: "Mi ami?". Il rapporto con lui non può essere che di amore, perché il suo rapporto con noi è di amore: lui è l'amore incarnato del Padre. Noi sfuggiamo alla reciprocità con Gesù, se rifiutiamo una reciprocità nell'amore.

Forse né a Gesù, né tra di noi riusciamo dire "Ti amo!". Siamo insicuri del nostro amore, perché quando ci poniamo in relazione con Dio, scopriamo l'oceano della nostra menzogna costitutiva, ossia della nostra finitezza. Siamo bugiardi, se ci avventuriamo a dire al Padre: "Ti amo!". Ormai non lo diciamo neppure alle persone familiari, perché ci sentiamo menzogneri e ridicoli.

Allora restiamo senza domande e senza risposte. D'altronde non ci sentiamo neppure di dire: "Non ti amo". Perché non è vero. Però temiamo che anche il nostro "Ti amo" non sia vero.


Alla fine singhiozzando gli diciamo: "Vorrei tanto amarti, perché tu sei il sommo amabile!". E nasce in noi il desiderio di lui, lo sconvolgimento del nostro cuore.

E sale dalle nostre viscere la preghiera: "Gesù, permettimi di amarti!". È il nostro timido manifestarsi dell'amore, come l'amore tra due adolescenti.

Il nostro desiderio di amare Gesù è l'unica azione di amore che riusciamo a compiere con le nostre sole forze. Esso diventa richiesta: "Permettimi di amarti!". Allora Gesù ci manda il suo Spirito, che, entrando in noi, ama da dentro di noi. Quello Spirito, che Gesù non lesina a chi lo chiede.


GCM 23.06.02