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Aiutatemi a morire 

Leggo nei giornali una frase del già dj Fabo: “Aiutatemi a morire”. Questa stessa frase l’ho udita con queste mie orecchie, pronunciate da una giovane ammalata di leucemia inguaribile, ragazza che io accompagnai fino alla morte. Una ragazza, cara e bella, che abitava dalla parte del Campedello.

Lo spirito delle due frasi mi sembra sia diverso. L’uno si sente padrone della propria vita e la vuole estinguere. L’altra sapeva che il padrone della sua vita era solo Dio, e desiderava essere accompagnata per arrivare preparata e serena all’incontro con quel Dio, che amava.

L’uno, sotto sotto, desidera uscire da quella vita che gli ammannisce soltanto sofferenza. L’altra era protesa all’altra vita, che le preparava solo gioia, beatitudine.

La frase della ragazza “aiutatemi a morire” era una semplice variabile della frase di S. Paolo: “Cupio dissolvi et esse cum Christo”: bramo disfarmi ed essere con Cristo. Un disfarsi dell’esistenza precaria, per rivestire un’esigenza risorta, che si immette nel Cristo Risorto per sempre.

Perciò uscire dalla vita (eutanasia o forme cugine di essa) oppure entrare nella vita. La differenza è enorme ed è sostenuta solo dalla fede in Gesù.

Tutta l’esistenza di noi, che crediamo in Gesù e ci affidiamo a lui, è in cammino nel “già e non ancora”: un muovere dalla certezza, che proviene da Gesù, e la certezza che ancora non si avvera nella completezza, che è il passaggio dalla fede all’esperienza diretta di quel Dio, cui ci trasporta la nostra esperienza.

  27.02.17