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Gesù unisce

Vivere la messa, fare la messa: temo che i presenti non sempre (o mai?) si sentano autori della presenza di Cristo nel gruppo.
Eppure non è il prete che, al di fuori del contesto, crea la “sua” messa. Invece è vero che il gruppo, servendosi anche del “presbitero” confeziona la messa.
Si ha l’impressione che, quando il prete richiama la presenza di Gesù nelle specie del pane e del vino, i presenti abbiano la sensazione che la cosa riguardi quello là, il prete.

Credo sia raro il caso che i “laici” presenti abbiano coscienza di essere essi, in quanto radunati nel nome di Gesù, a “reclamare” e a “confezionare” la presenza eucaristica di Gesù tra di loro. In qualche modo, non si sentono “consacranti”.
Nella presente disciplina liturgica, troviamo un chiaro passaggio di questo lavarsi le mani dei laici.
Dopo la raccolta delle offerte, chi presiede il gruppo invita così: “Pregate, fratelli, affinché il “mio e vostro” sacrificio sia gradito al Dio Padre Onnipotente”.

La risposta è un nobile “arrangiati!”.
Il Signore riceva dalle “tue” mani, ecc.
Di per sé, l’invito è a una offerta integrata. E subito dopo viene espressa la sottolineatura della distanza tra clero e laici, tra altare e banchi.
È vero che purtroppo gli edifici delle chiese, invitano più alla separazione che alla comunione. Però il cuore, pieno di fede, può anche correggere l’insufficienza degli edifici. L’edificio è creato dall’uomo, il cuore è invaso dallo Spirito.

22.07.19