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Affermazione o augurio

Da qualche anno ho smesso di “fare gli auguri” alle persone. Trovo la frase adatta ai pagani che si attendevano buone notizie dagli “auguri” esperti nell’interpretare i segni naturali per dedurre futuri buoni, ma futuri, quindi incerti.
Al posto degli auguri ho sempre inviato o espresso direttamente, le benedizioni. Di questo sono sicuro, perché inserito in Gesù, che è l’eterna benedizione di Dio.

Oggi, nella liturgia della messa di S. Tito, mi viene suggerita an-che la formula di benedizione. Essa è una delle formule usate da S. Paolo nel rivolgersi ai suoi interlocutori: “Grazia e pace da Dio”. La be-nedizione, che io comunico, viene da Dio, che ascolta sempre coloro che chiedono nel suo nome, con il suo cuore.
Nella Lettera a Timoteo, Paolo usa una formula ancor più piena: “Grazia, misericordia e pace”. Sempre “da Dio Padre e da Gesù Cristo Signore di noi”.

Ai Romani: Grazia a voi e pace. Ai Corinzi: Grazia a voi e pace. Ai Galati: grazia a voi e pace. Così pure agli Efesini, ai Filippesi, ai Tes-salonicesi e a Filemone.
Perché questo modo cristiano di salutare è stato perduto, o al-meno sostituito da una dossologia, come l’ormai caduto in disuso “Sia lodato Gesù Cristo”?
Anche all’inizio della Messa, quel secco e sicuro “grazia e pace” è diventato, almeno nella traduzione italiana, un desiderio: “Sia con voi”.
Preghiera e non affermazione di grazia e di dono. Come alla fine della Messa, a coloro che hanno appena ricevuto Gesù, si augura di es-sere benedetti.

26.01.19