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Strage di innocenti


     Tra le persone che io avvicino, noto spesso una seconda strage degli innocenti, cioè di quei bambini nati vivi ed educati male.

      Essa avviene verso i sette anni.
      In tale età, nel bambino si fa vivo il pensiero e la paura della morte. Egli è al contatto con la morte o di persone care o nelle notizie televisive. E la sua domanda ovvia è formulata chiaramente: “Dove si va dopo la morte?”.

      Nella mente del bambino non è ancora sorta l’idea astratta del “nulla”. Perciò chiede “Dove?”.
Qui si palesa la preparazione educativa dei genitori. In altre parole: come essi vivono la morte, così ne parlano ai loro figli.

      La domanda sul dopo-morte, non è per nulla una domanda sul perché della primavera o sul vestito di Garibaldi. Essa è una domanda vitale, che interessa lo stesso vivere del bambino.

      Ricordo la risposta di un padre, che si piccava di agnosticismo, perché così credeva di essere coerente con il credo del partito laico nel quale militava, non disinteressatamente: “Quando morirai, anche tu verrai sotterrato. E poi da quella terra sorgerà un fiore”. Il bimbo:”Non voglio”. Il padre: “Perché?”. Il bimbo: “Poi viene la mucca e  mi mangia!”. Paura della seconda morte.

      I genitori davvero credenti, ossia coloro che non si raccontano favole per rinnegare quella fede in Gesù, che è esigente anche come etica, hanno la risposta facile, semplice e pronta: “Si va in Paradiso a vedere Gesù e a incontrare la nonna!”. Dalla vita alla parola rassicurante.

      I genitori che hanno scelto l’ateismo si arrampicano sugli specchi e uccidono i loro figli attraverso la non speranza. Una strage di innocenti, quando i figli chiedevano un’apertura di speranza nella vita.

      GCM 24.07.07