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Dio nell’uomo

Siamo oggi ancora degni dell’assoluto? Siamo permeati di relativismo. Anzi il relativismo è il nuovo assoluto: tutto è relativo, tutto è imperniato sulla piccolezza dell’uomo, anzi sull’orizzonte ristretto di ogni persona. Questo orizzonte difficilmemnte collima o si accomoda all’orizzonte di ciascun altro.

Se da questo relativismo consegue il relativismo della vita, perché meravigliarsi dei suicidi o delle stragi ideologiche? E poi ciascuna persona interpreta la propria mentalità relativizzante, credendola affine o uguale a quella dell’altro, soltanto perché conduce a fenomeni similari. Eppure un suicidio non è mai uguale a un altro suicidio.

In questo mare di debolezza spirituale e mentale, siamo ancora degni dell’assoluto? Se l’assoluto si identifica con Dio, siamo ancora degni di Dio?

Nella nostra sete di slegarci da ogni riferimento, per crearci un riferimento personale, che cosa può interessarci di Dio?

La fede ci dice che Dio si interessa a noi e di noi. Non è da chiederci se siamo degni dell’Assoluto, ma se l’Assoluto è “degno” del’uomo.

La dinamica allora nasce da un relativismo (nutrito da una società stanca e rinunciataria, per la quale soltanto l’effimero riveste qualche interesse e qualche granulo di valenza), il quale potrebbe misurarsi con l’Assoluto, proprio perché è relativo.

La strada è segnata dall’uscire. Uscire dal relativo verso un relativo assoluto (suicidio), oppure dal relativo verso l’Altro. Un altro reclamato dal cuore, dalla vita, dal non voler perderci. Ma al relativismo non interessa il non voler perdersi. E allora?

Tu solo, Signore, puoi salvarci; Tu solo hai parole di vita sicura. Ecco il dono dell’Incarnazione: l’Assoluto che penetra il relativo. Ed ecco il dono dello Spirito, che scioglie dal caduco, per essere permeati dallo Spirito di Dio.  

GCM26.02.12