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Libertà nel pregare

A quando una liturgia cristiana, basata sul Vangelo e sulla Risurrezione di Gesù, priva di fronzoli, essenziale e pregna di fede nel Padre?

Se la liturgia imposta alle assemblee - termine inesatto per indicare il raduno in Gesù, dei suoi convocati (ecclesia) - sfugge al Vangelo per rifugiarsi nella copia del tempio, almeno la preghiera privata può caricarsi di Vangelo e di Risurrezione.

Una preghiera, che non si perde nel sollecitare interventi più o meno estemporanei di Dio (ci si ricorda di lui per scongiurare morti o catastrofi), ma si basa esclusivamente sulla parola di Gesù, quando ci assicura che il Padre conosce le nostre necessità, prima che le esprimiamo a Lui.

Una preghiera zeppa di lode e di ringraziamento, e parca di piagnistei e di richieste. Queste non si escludono, ma la preghiera non può essere la continua richiesta di un popolo di depressi.

A rendere libera e gioiosa la nostra preghiera, non ristretta da sponde imposte come piste da bob, ci sono di aiuto due fattori: Spirito Santo e nostra scelta. 

La nostra scelta è quella di scegliere la scelta dello Spirito.

Lo Spirito prega in noi, con accenti leggerissimi e non indicati da nessun rituale. Sta a noi non pretendere di ritualizzare lo Spirito Santo, ma metterci tranquillamente a sua disposizione. Lo Spirito spira quando vuole e come vuole. Non è il tempio che gli indica quello che deve fare, perché Dio lo si adora in spirito e verità.

Se ci abituiamo a una preghiera privata libera e felice, questa felicità la portiamo con noi, anche quando partecipiamo a cerimonie ritualizzate.

GCM 04.05.12