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Immagine di Dio

La paura creò gli dei, ipotizza il poeta latino.
E' vero che "gettato nell'esistenza" - secondo Kierkegaard - l'uomo sente un'angoscia di solitudine, che egli non è capace di decifrare, pur vivendola intensamente, e cercando di placarla in modi i più fantastici.

Angosciato esistenzialmente, l'uomo prova il bisogno di un aggancio stabile, sicuro: di qualche cosa di esistenziale, che sia assoluto. Non trovandolo nel mondo, l'uomo immagina un assoluto al di là, trascendente. L'assoluto è configurato dall'uomo, secondo la propria esperienza, e quindi crea gli dei, e con gli dei la mitologia.

Anche oggi si afferma che Dio è un'esigenza dell'uomo. L'uomo proietta in lui la risposta immaginata per rispondere ai propri desideri e alle proprie paure.
E così l'uomo crea Dio (o gli dei) a propria immagine: questo è il destino del povero Giove o della bisbetica Giunone. Poveri e ridicoli dei, creati dalla fantasia umana, spinta dal bisogno di certezza.

La rivelazione di Dio ci indica una diversa e capovolta prospettiva: non è l'uomo che "fa" gli dei, per arginare la propria paura, ma è Dio che "fa" l'uomo, per espandere il proprio amore.
L'uomo crea un dio piccino. Dio crea un uomo grande, a immagine e somiglianza del Padre.
Quest'uomo "grande", se accetta lo spirito di Dio, sente nel proprio cuore trasformarsi l'angoscia esistenziale in desiderio di Dio, la disperazione in anelito all'eterno. Un eterno non creato, non immaginato, ma esistente. Non racchiuso nei confine dell'esistenziale, ma allargato infinitamente nell'esistente.
Le due prospettive conducono a due esiti diversi. L'uomo che crea gli dei si consacra alla disperazione. Dio che crea l'uomo, lo irrora di vita eterna.

GCM 14.05.04