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Extracomunitario

Ascolto la radio: un giovane è stato accoltellato da un extracomunitario. L'edizione successiva è più precisa: è stato accoltellato da un rumeno ubriaco.
Non ha mai annunciato, per esempio: è stato accoltellato da un italiano. Per gli italiani la nomenclatura varia: un giovane è stato accoltellato da un trentenne studente fuori corso di medicina, da un avvocato penalista, da un seminarista, ecc.
Gli italiani, anche delinquenti, sono fregiati di una caratteristica.
Gli stranieri, di solito, sono soltanto stranieri e basta, soprattutto se compiono delitti.

La svista può essere voluta o inconscia, quasi ormai istintiva.
Se è istintiva indica una precomprensione ormai radicata. Tale precomprensione induce e prolungare il significato e a generalizzarlo: gli stranieri, o tutt'al più gli extracomunitari, sfornano delinquenti.
La stessa procedura inconscia non si applica agli italiani: se il delinquente è un medico, non corre il pensiero a ipotizzare che tutti i medici siano delinquenti.
Però alcune categorie sono privilegiate. Per esempio, un prete è pedofilo. E subito l'esclamazione aggressiva e liberatoria (= lo posso fare anch'io): "Ecco che cosa fanno i preti". Nota: "i preti", non "quel prete", o meglio "quell'uomo per professione prete". Dello stesso privilegio godono "i meridionali" o "i settentrionali", terroni o polentoni che siano.
Queste generalizzazioni sono piccoli ritrovati mentali, per rassicurarci di essere superiori agli altri. Rassicurarci, accusando o disprezzando, più o meno apertamente, gli altri.

"Che cosa può venire di buono da Nazareth?" si diceva al tempo di Gesù. "Nessun profeta può nascere in Galilea".
Queste generalizzazioni sono caratteristiche dei deboli, dei complessati o degli aggressivi.

GCM, 11.05.03