Crollato quel vanto dell’ingegneria moderna. Ridimensione dell’orgoglio del cemento armato, con il quale si pensava di costruire cose impensabili. Ritorna l’ammirazione, alquanto assopita, dei ponti di pietra a tutto sesto, appoggiati umilmente su basi di vecchio sasso.
Ancora una volta la tecnica è ridimensionata dalla realtà cruda. Come, del resto, ogni tecnica: quella psicologica, come quella fisica. L’orgoglio moderno esalta la tecnica su la morale, la tecnica sempre più perfetta dell’aborto e della morte provocata, sul rispetto della vita. Illusione: ciò che la tecnica riesce a compiere non può badare alle esigenze primarie dell’uomo. Anche le camere a gas dei lager, seguivano le norme fisiche di una perfetta chimica.
L’uomo che crea cose inconsuete, come il ponte Morandi, è il dio capace di tutto. Però esistono ancora temporali, terremoti, surriscaldamento, tsunami e semplici esondazioni, che provvedono a umiliare l’uomo e le sue opere, per indicare provvidenzialmente i suoi limiti.
Nel settore morale e spirituale, l’uomo si illude di raggiungere la perfezione e la santità, per accorgersi che da sé, nonostante i detti di Epiteto o le indicazioni dello zen, non può arrivare a nessuna perfezione. Fa sorridere la dicitura dei conventi di religiosi definiti come “stato di perfezione”.
Dopo il crollo del ponte, ecco la ricerca dei colpevoli, e non la riflessione sulla ridimensione dell’orgoglio umano, misurandosi sui limiti di sé, e sull’unica grandezza permanente: Dio!.
18.08.18