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Conversione positiva

La conversione: una perdita o un guadagno, ossia un’aggiunta?
Ricordo il “fiero Sicambro” francese, al quale il Santo, che aveva accolto la sua adesione alla fede cristiana, disse: “Adora ciò che accetti, e distruggi ciò che adoravi!”. Anche la letteratura pia (abbondante nella parte ascetica) mette la conversione sotto la luce del “non far più!”. “Eri ladro, non lo devi più fare!”. “Eri scostumato, lussurioso, ora non puoi più esserlo”. Il convertirsi era sempre espresso come un “cambiare comportamenti”.

È proprio solo questo? Questo lo pensava anche S. Giovanni Battista.

Poi arriva Gesù: “Convertitevi, e credete al Vangelo”: così si legge nella versione italiana del Vangelo. Qui la conversione è ritmata su un altro piano. Gesù non si rivolge al male passato, ma considera il bene futuro. Il cambiare l’atteggiamento (convertirsi) è un credere alla gioia del nuovo annuncio (Vangelo). La conversione è un acquisto, e solo in casi particolari richiede, come effetto collaterale, la soppressione di mali.

Altrimenti come si spiegherebbe la quotidiana conversione dei santi? Convertirsi è soprattutto aggiungere.

Questo riguarda principalmente i gruppi religiosi che si convertono a Gesù. Gesù, ai credenti ebrei non toglie nulla della loro fede, ma aggiunge (e completa la fede già in atto) la fede nella sua persona. Paolo nota che esiste un cristianesimo ebraico, e un cristianesimo “greco”. Nell’Areopago, parla del Dio ignoto.

Esiste quindi un “paganesimo” più Cristo. Una religione etnica più Cristo. Una religione giapponese più Cristo. E noi continuiamo a sperare che si inizi una religione islamica più Cristo. Gesù completa ogni tendenza religiosa con la sua persona.

18.11.15