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Commedia e storia

La storia è una situazione comica. Nello studio della storia, impariamo molti fatti, ricordiamo molte persone. Ci interessiamo a loro. E intanto essi non si interessano più di ciò che dice “la storia” su di loro. Di qui si parla di loro, o con disprezzo o con esaltazione, mentre essi sono al di fuori di questo mondo, dove il ricordare sembra importantissimo.

È comico: i libri e le lezioni sono interessati a ciò che gli attori non sono più interessati.

Poi, per non mentire alla nostra curiosità su di essi, cominciamo a immaginarci un inferno, un purgatorio, un paradiso, dove collocarli. Addirittura ci illudiamo di sapere il tempo della permanenza in purgatorio, là dove tempo e spazio non sappiamo se esistano. Però affibbiamo un piccolo supplemento di storia per non sapere che cosa dire.

Nemmeno Gesù, che dopo essere stato nell’al di là, ci ha raccontato come andava. Egli ci aveva comunicato ciò che prima di essere tra di noi aveva vissuto, e ce lo narrò in modo parabolico.

Però chi ha superato il confine, ha una visione diversa (quale?) della realtà, mentre noi raccogliamo i suoi eventi di quando erano vivi tra di noi. Gesù stesso, quando pensava al suo “dopo” ci diceva semplicemente che “ritornava dal Padre”. I Vangeli ci narrano come “era”, ma non descrivono come lui è. La fede ci aiuta, la storia non dice come è Gesù.

Il Vangelo ci pone davanti al passato di Gesù, in vista del presente e del futuro, sapendo che Gesù è ancora vivo tra di noi. Non è un tragico ricordo di un passato oggi cancellato, ma è un passato che ci aiuta a indirizzare e a vivere un presente e un futuro non solo probabili, ma reali.

12.10.15