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Civiltà verso il nulla

Più si sviluppa la “civiltà delle macchine” e più si allarga l’indifferenza religiosa, o anche l’ateismo.

C’è qualche cosa che non quadra. Infatti la piena vita serena e felice dell’uomo non può consistere in un benessere solo materiale o emotivo, ma deve occupare tutta la dimensione dell’uomo. La dimensione della fede, della presenza a Dio.

La vita umana è posta sempre nel confine tra il tempo e l’oltre il tempo. Il confine che noi diciamo non solo la morte, ma la “mortalità”. Non sono dell’idea del filosofo che afferma che noi viviamo per la morte. Noi viviamo con la morte, che è un atto che non tronca, ma introduce. Dove e come? Evidentemente non è evidente! Eppure c’è. Nessuno dei morti ci ha raccontato quanto si vive dopo? Non è vero. Cristo è morto ed è risorto, e da risorto ha riempito di sé, del suo essere uomo, oltre che Dio, tutti i secoli, tutto il cosmo.

Via Gesù e il Dio di Gesù, lo sviluppo della “civiltà” diventa anche una rovina “civile”. Rovina che si mostra nella perfida (e voluta!) lontananza tra ricchi e poveri, tradimento (ricchi) reddito (anche di poveri). Separazione, che indica chiaramente una società profondamente malata. Progresso di civiltà, o regresso?

L’uguaglianza, civica e umana, non può avverarsi se non nella fraternità. E la fraternità si attua non perché gli uomini e le donne “scelgono” di essere fratelli (vedi Illuminismo e Rivoluzione francese), ma perché si riconoscono figli dello stesso padre. Non si tratta di una fratellanza acquisita (adottiva), ma di una fratellanza, nata dalla stessa origine.

15.11.16