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Obbedienza e ambizione

Senza ambizione difficilmente si raggiunge una posizione di comando; con ambizione difficilmente si comanda correttamente nell’umano. Questa è la tragedia, che si scatena in ogni istituzione, laica o religiosa. Senza ambizione non c’è comandante, con ambizione non c’è comando.

Agli apostoli, ancora privi dell’influsso dello Spirito Santo, Gesù rimproverava l’ambizione, che cercava chi tra di essi era il primo. Per purificarli dall’ambizione, Gesù diceva loro che erano pecore tra lupi. Insomma tutt’altro che capitani o almeno caporali. Talvolta i caporali combinano più danni dei colonnelli.

L’invito di Gesù è chiaro: lui non è venuto nel mondo da comandante, ma per obbedienza. Il superiore (vocabolo ambiguo) religioso, deve essere sempre un obbediente come chiunque nella chiesa abbia un incarico (campanaro o confessore), obbedire sempre al Vangelo, anche quando le istituzioni pretendono di imporre pesi, che il Vangelo rifiuta. Tutti siamo sottomessi al Vangelo. La stessa regola francescana indica di “osservare il Vangelo con l’obbedienza, con la castità e con la povertà”. L’obbedienza è in dirittura del Vangelo, non in dirittura degli uomini, anche quando questi, nella loro cecità, pretendono di esser gli interpreti del Vangelo o incaricati da Dio.

Tutti siamo obbedienti, perché uno solo è il capo del Corpo, e perché uno solo è il Maestro. Le ambizioni umane non realizzano il Vangelo, o Gesù nel mondo.

I grandi di questo mondo comandano, ma non sia così per voi. Forse esiste un’ambizione per essere i primi nel regno, ricordando che solo gli ultimi saranno i primi.

26.12.17