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Quale comunità 

Anche le comunità religiose e i conventi stanno risentendo la crisi odierna. Di solito queste piccole realtà non agiscono nel campo finanziario. Ed è un vero bene, perché non si trovano colpevoli del precipitare del benessere di nazioni e di classi sociali, verso la povertà e, non raramente, verso la miseria.

Anche i conventi devono tappare le falle di una economia, che cala e produce miseria. Quindi anche essi sono costretti a risistemare la propria economia, per quanto limitata e, all'apparenza, poco significativa.

Devono, quindi, riprendersi. Domanda: per diventare comunità imborghesite oppure conventi dove la povertà non sia soltanto celebrata come bandiera, ma vissuta come carne viva?

Il benessere borghese si può infiltrare nei conventi, e, quando ci sono, nelle attigue loro chiese.

C'è del superfluo nei conventi, quel superfluo che si gloria di apparenza? È povero ciò che riguarda la comunità. P. Kolbe creò una grande comunità povera, mentre fornì di mezzi anche costosi l'attività apostolica della parola. Or dunque di oggetti superflui spesso vediamo certe piccole o grandi manifestazioni.

Cibo, ornamento personale o nei locali, vesti inutili, paramenti lussuosi nelle chiese, ecc. non sono conformi a povertà. I più fortunati, tra i frati, sono quelli che provengono da famiglie povere, nelle quali il mensile del capofamiglia era sufficiente per nutrire sei, sette, otto membri. Sono sfortunati quelli che adornano i loro ambienti, le loro vesti anche liturgiche con aggiunte borghesi.

Allora: i francescani devono costruire una comunità borghese, o una comunità povera?

 02.05.15