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Libertà e spogliazione

Quando si accetta che tutto cada, che ci sia spogliazione, allora si apre la serenità e anche si squaderna la gioia. Sembra strano, ma proprio spogliandosi di tutto, presso la morte o in qualsiasi altro tempo, si apre nel cuore, la sequenza della serenità. Tale serenità non esclude anche il ritorno di tutto quanto si aveva lasciato cadere, però è un'accoglienza libera di un dono, non un possesso, ma un uso.

La perdita, sembra strano e impossibile, si trasforma in guadagno. È il “para ganar, perderse” caro ai fondatori del nuovo Carmelo. Non cessano i desideri, perché chi non desidera è morto. Però sono desideri liberi.

Guardando a Gesù, vediamo che i suoi desideri diventano semplicemente preghiera e la preghiera è sempre un affidarsi a colui, che è invocato. Non è una conquista semplice, anzi talvolta dolorosa; eppure questo dolore non estingue la serenità, e, talvolta, le gioia.

Forse questa è la gioia di Francesco, che, spogliato, si mette a ballare. È la gioia donata, non conquistata; goduta, non trattenuta. Se trattenuta, è una conquista; la conquista è un possesso, il possesso (non l'uso per vivere) non apre alla gioia, forse solo al godimento.

Perché il godimento non noccia, deve diventare gioia, ossia libertà. Ma tutto ciò è sempre dono, non conquista, non frutto di chissà quale sforzo spirituale. Proprio perché la spogliazione, serena e continua, fa volare, ma le ali sono un dono del Padre.

È bene restare tremebondi, per non guastare il dono, con le nostre pretensioni. La libertà viene sempre da Dio. La conquista della libertà rende insicura la libertà stessa.

La verità vi renderà liberi.

10.12.16