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La vigna di Dio 

Nella sua bontà oggi il Padre ci dice chiaramente, che il campo affidato ai contadini non è dei contadini. La Chiesa non è della Chiesa, ma di Dio.
Purtroppo i contadini, custodi e operatori del campo, rifiutano i servi del Signore, li uccidono, pretendono di appropriarsi del campo. Nella storia abbiamo trovato non poche volte questo tentativo di appropriazione. Ricordo il tempo, non remoto, quando per scegliere un vescovo si puntava su chi conosceva bene il Diritto Canonico. L’appropriazione della Chiesa non secondo la Parola di Dio, ma secondo il Diritto. Perfino l’evento di grazia, che fu il Concilio Vaticano Secondo, non aveva valore normativo, se non diventava comma di leggi giuridiche. Chiesa rubata dal Diritto? Dio solo lo sa. Però non Chiesa guidata solo dalla Parola di Dio, dal Vangelo.
Il pericolo di appropriarsi del “Campo di Dio” (il mio riferimento non è al romanzo), è sempre in agguato. Quando uno di noi assume un incarico nella Chiesa, incarico anche molto modesto, si affaccia la perversità di pensare che esso sia il “campo nostro”, non il “campo di Dio”.
Da qui nasce la necessità della “spogliazione”. La liberazione dalla pretesa che le realtà, di cui abbiamo bisogno siano di fatto “nostre”. Servono per vivere, anche spiritualmente, non per possederle. Una definizione del possedere è anche espressa come diritto di usare e di abusare di quello che abbiamo tra mano. Ci dimentichiamo facilmente che “la terra è di Dio” e che noi ne godiamo del semplice uso.
S. Francesco l’aveva intuito, quando indicava ai frati di non avere nulla di “proprio”. Nemmeno un padre Francesco aveva, perché suo Padre era quello dei cieli.
Distinguere tra possesso e uso è chiaro e ovvio in teoria, in pratica è molto difficile che l’uso non sfoci in possesso. Che Dio ci aiuti!
17.03.17