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La sacra rappresentazione

Anche accanto a me trovo qualcuno che confonde spettacolo a soggetto religioso con la sacra rappresentazione. Per fortuna l’ignoranza non è un peccato; anzi, qualche moralista afferma che l’ignoranza è il settimo sacramento. Dall’ignoranza delle leggi siamo scusati se trasgrediamo le leggi, senza conoscerle.

L’ignoranza non è neppure una malattia dolorosa. I berlinesi per indicare che l’ignoranza non provoca dolore, dicono: “Se l’ignoranza tua ti facesse male, si sentirebbe il tuo urlo da Berlino a Potzdam”.

Eppure le differenze sono parecchie tra spettacolo e sacra rappresentazione, come fu vissuta già da S. Francesco o da S. Giuseppe da Copertino.

Allo spettacolo si “assiste” (spectari), alla sacra rappresentazione si partecipa o mimando, o recitando, o cantando.

Lo spettacolo, che si riallaccia al teatro greco, riproduce temi religiosi di qualunque tipo; la sacra rappresentazione rivive il Vangelo e diventa una paraliturgia e una forma di catechesi.
Lo spettacolo pone in “vista” l’attore e la sua bravura; la sacra rappresentazione è una coralità, dove non c’è (o non dovrebbe esserci) nessuno primo attore. S. Francesco radunava la gente; S. Giuseppe da Copertino raccoglieva attorno i pastorelli.

La visione dello spettacolo è una costruzione, spesso meravigliosa; la partecipazione a una sacra rappresentazione è un entrare nel mistero, non necessariamente richiede doti artistiche, ma tende al “convivere il mistero”. E proprio, oltre che ai due modi di presenza a spettacoli e a sacre rappresentazioni, queste, in modo perentorio, ripresentano Vangelo e Bibbia “solamente”.

16.01.14