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Azione e preghiera 

Davanti alla notizia che si scioglie un convento e una comunità, i frati non reagiscono per fermare la catastrofe: sono rassegnati, perché abituati a “obbedire”. Sembra che l’obbedienza anestetizzi di fronte alle difficoltà.

Gesù obbedì sì, sempre, ma al Padre. I suoi scontri con gli uomini sono numerosi. A cominciare dai dodici anni, ossia da quando era giunto all’età del suo sentirsi indipendente. I genitori lo cercavano, credendo seguisse la carovana. Lui stava da un’altra parte e alla madre, che lo rimproverava, oppose quel suo: “Non sapevate…”.

L’obbedienza non può, né deve cancellare l’uomo, il quale ha tutto il diritto di rivalersi. Solo una forza superiore lo frena. Ma tra i frati, fratelli per definizione, non ci sono “superiori”, ma solo frati con incombenze diverse.

È ribellione? Non credo. È soltanto cercare di chiarire la situazione in vista di una sua possibile (siamo tra uomini, non… caporali, a detta di Totò) modifica.

Però preghiera e pace in Gesù devono circondare e imbibire ogni azione. Preghiera soprattutto. Senza preghiera il cristiano non va da nessuna parte, nemmeno quando è certo d’aver imbroccato la strada migliore.

Preghiera. Poiché Gesù aveva pregato (era stato in pellegrinaggio!) poté avere idee e propositi chiari. Anche nel Gethsemani: “Risparmiami questa sofferenza; però prima di tutto sia fatta la tua volontà”. Si trattava sempre della volontà del Padre.

Pregare e agire, però sempre nella ricerca della vera

10.10.16