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Armonia tra i due  

Paolo, quando era il caso, si ricordava dei privilegi, che gli erano dovuti in quanto di Tarso, ossia cittadino romano.

I Giudei lo vogliono condurre presso un tribunale locale per poi linciarlo, e Paolo, in quanto cittadino romano, si appella al supremo tribunale dell’impero, ed evita i tribunali locali, salvando la sua pelle.

Ad Antiochia di Pisidia i prefetti della città, sobillati dagli Ebrei nemici di Paolo, gettano in prigione Paolo e Sila. Si sa che cosa accadde durante e dopo il terremoto. Il mattino seguente, i prefetti vengono a conoscenza che Paolo è un cittadino romano, s’impauriscono a causa delle sevizie inflitte a un cittadino romano, e mandano un messo per dichiarare Paolo libero. Ma Paolo è fiero, e pretende che gli stessi magistrati si presentino di persona a chiedere scusa.

Paolo non è tipo da lasciarsi sopraffare né dagli Ebrei nemici, né dalle autorità cieche. La polemica è il suo forte, come la franchezza (parresia) nel parlare di Gesù. Aveva sempre dalla sua parte l’incontro con Gesù presso Damasco, quell’incontro del quale riparlerà a più riprese.

Egli si faceva forte sia della condizione civica, sia della presenza di Gesù. Infatti egli viveva da cittadino romano, ma soprattutto viveva di Gesù. Scriveva: “Io vivo, però non sono io che vivo, ma Cristo vive in me!”.

Il suo vivere Cristo, non lo esimeva dalla sua condizione umana. Quello rinforzava questa. Il regno dei cieli non lo allontanava dal regno della terra: i “doveri” del cristiano non si opponevano ai doveri del cittadino, come ho notato in qualche religioso, che si crede immune dall’essere un onesto cittadino.

14.01.14