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Chiese conventuali 3

Un centro di spiritualità può diventare un centro culturale, senza tradire la sua basilare finalità popolare?

Sì, sempre, se la cultura si sposa alla spiritialità.

S. Francesco la pensava così, quando approvò le lezioni impartite da S. Antonio ai frati. Egli mise la connessione tra spiritualità e cultura. Scrisse: “Ho piacere che tu insegni la sacra teologia ai frati, purché in questa occupazione tu non estingua lo spirito della santa orazione e devozione, come sta scritto nella Regola. Sta’ bene” (FF 251-52(.

Lo stesso Francesco aveva pur scritto: “Quei frati ai quali il Signore ha concesso la grazia di lavorare, lavorino con fedeltà e con devozione, così che, allontanato l’ozio nemico dell’anima, non spengano lo spirito della santa orazione e devozione, al quale dervono servire tutte le cose temporali” (FF 88). Egli poi dava anche disposizioni per i frati predicatori (Cfr FF 98-99).

E indicava anche la libertà nel sapere: “Quelli che non sanno leggere, non si preoccupino di imparare” (FF 104).

Fin dagli inizi della vita francescana, nei conventi si istituirono corsi di insegnamento religioso.

S. Lorenzo aveva coltivato una bella biblioteca prima che le truppe giacobine francesi, che portavano il benessere e la ragione ovunque, appoggiate dai giacobini nostrani, sfasciassero la biblioteca. In passato presso S. Lorenzo ebbe accoglienza la scuola di anatomia, ancora in fasce, rifiutata da altri.

Riprendendo la vecchia tradizione, oggi il convento cura una biblioteca di oltre 17.000 volumi. E fin dai tempi di Padre Sossella fu iniziato il Piccolo Ateneo Zanelliano, erede del quale oggi è la SPERI, per indicare che pietà e cultura sono tradizione dei francescani conventuali.

22.08.14