Evitare di aggrapparsi ai “derivati”, che riescono anche a ingannare e condurre al fallimento.
Nel francescanesimo si nota una collana di derivati.
Francesco vuole sempre e solo osservare il Vangelo: Vangelo autentico… senza commenti (sine glossa!”) neppure teologici.
Il primo derivato: la regola, detta francescana, ma imposta dalla preoccupazione giuridica della curia.
Secondo derivato: le costituzioni, che intendono precisare la regola, dopo che la regola ha voluto precisare il Vangelo, ossia un Vangelo, nell’obbedienza, nella castità e senza possedere.
Terzo derivato: i decreti, le precisazioni, i testamenti ecc.
A poco a poco, il Vangelo è ricordato formalmente, ma la vita è regolata da uno o più derivati. Non è raro che nella confessione sacramentale, i novizi si accusino di non aver osservato la Regola, anziché di non aver vissuto la libertà del Vangelo.
Nella vita della Chiesa, il Vangelo e l’Eucarestia sono nascosti dai derivati: encicliche, teologie, liturgie, diritto canonico. Il Vangelo e l’Eucarestia che non passano attraverso il diritto canonico o il rituale, non impegnano.
E così il diritto canonico (frutto sapiente di uomini) sancisce quale è la “santità cristiana”. E le regole liturgiche soffocano la spontaneità del cuore e della fede. Quanti preti si pentono di non aver osservato tutti i riti (e pretendono che altri li osservino… ah, cari liturgisti e cerimonieri!) anziché di non essersi perduti in Gesù e nel Padre, durante la celebrazione eucaristica, come facevano i santi.
Nasce e fiorisce il culto dei derivati: idolatria.
GCM 11.12.13