HOME

Home > Percorso FRANCESCANI > Articoli 2013 > Povertà borghese

Povertà borghese

S. Francesco ha voluto un ordine di poveri o di minori, come ai suoi tempi erano designati i poveri. Non ha inteso una chiesa di poveri, né si è rivolto soltanto ai poveri per la sua predicazione. La scelta della povertà riguardava lui stesso e i suoi.

Certo che ormai dalle nostre  parti la povertà dei francescani è una povertà “borghese”, ossia una povertà secondo una misura e un criterio borghese.

Povertà borghese: accettarla o respingerla ribellandosi? Respingerla per un bisogno intimo di radicalismo, oppure sottomettersi ad essa per una rinuncia a certi ideali? Può tale rinuncia essere la nuova forma di povertà francescana, oppure è un compromesso con la propria coscienza?

Mi pare opportuno partire da un’altra considerazione. I radicalismi nella vita sociale provocano morte, malessere, distruzione. Oggi è lampante la distruttività del radicalismo islamico. Noi abbiamo assistito ai danni materiali e morali del radicalismo socialista, nazista, fascista, franchista, peronista ecc.
Stiamo soffrendo per il radicalismo neoliberista. E che dire di un “partito radicale”?

Il radicalismo francescano, che riemerge in ogni secolo, prima o poi si estingue o si evolve verso ciò che i radicalisti tacciavano di lassismo. E’ storia ed è realtà presente.

La “povertà borghese”, è  la povertà che semplicemente evita liberamente il superfluo. Povertà che rifiuta ciò che non è necessario alla vita e alla pietà personale e comunitaria, ma che adopera serenamente gli strumenti necessari al lavoro, al vitto e al vestito, abbandonando quanto non serve e donandolo a chi ne ha bisogno.

GCM 16.08.12