Povertà borgheseS. Francesco ha voluto un ordine di poveri o di minori, come ai suoi tempi erano designati i poveri. Non ha inteso una chiesa di poveri, né si è rivolto soltanto ai poveri per la sua predicazione. La scelta della povertà riguardava lui stesso e i suoi. Certo che ormai dalle nostre parti la povertà dei francescani è una povertà “borghese”, ossia una povertà secondo una misura e un criterio borghese. Povertà borghese: accettarla o respingerla ribellandosi? Respingerla per un bisogno intimo di radicalismo, oppure sottomettersi ad essa per una rinuncia a certi ideali? Può tale rinuncia essere la nuova forma di povertà francescana, oppure è un compromesso con la propria coscienza? Mi pare opportuno partire da un’altra considerazione. I radicalismi nella vita sociale provocano morte, malessere, distruzione. Oggi è lampante la distruttività del radicalismo islamico. Noi abbiamo assistito ai danni materiali e morali del radicalismo socialista, nazista, fascista, franchista, peronista ecc. Stiamo soffrendo per il radicalismo neoliberista. E che dire di un “partito radicale”? Il radicalismo francescano, che riemerge in ogni secolo, prima o poi si estingue o si evolve verso ciò che i radicalisti tacciavano di lassismo. E’ storia ed è realtà presente. La “povertà borghese”, è la povertà che semplicemente evita liberamente il superfluo. Povertà che rifiuta ciò che non è necessario alla vita e alla pietà personale e comunitaria, ma che adopera serenamente gli strumenti necessari al lavoro, al vitto e al vestito, abbandonando quanto non serve e donandolo a chi ne ha bisogno. GCM 16.08.12
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