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Maturità e responsabilità

Ci insegnavano, e noi abbiamo sorbito beatamente il veleno, che la professione religiosa pone il frate e la suora in una perenne condizione di “minorità”.
Mai raggiunti quindi i ventuno anni di una volta, o i diciotto di adesso.

Gesù ci insegna una disciplina diversa.

A dodici anni tenta il primo scioglimento.

Più tardi segue la sua strada, anche a dispetto della madre e dei parenti, che lo vogliono riportare nei loro binari.

La stranezza di una certa indicazione ascetica, sta anche in quell’”osservare il Vangelo” posto a base della vita francescana.

Allora il caos? Puledri sciolti e, non raramente scalcianti? Osservare il Vangelo è anche essere radunati attorno a Cristo nell’amore. Ma un amore adulto, come fu l’amore di Gesù, con i suoi “che egli si era scelto” e che avevano aderito a lui con un consenso libero.

Non stato di inferiorità, ma liberazione nell’amore. Libertà adulta nell’amare. Non libertà di amore, come oggi si dice, per indicare bugiardamente il mestiere di usare la genitalità con chiunque.

La libertà adulta, è anche essere liberi nel guidare a scopi costruttivi la propria genitalità.

La comunità religiosa è un raduno di persone libere, che si impegnano a costruire una convivenza nell’amore reciproco, senza prevalenza di nessuno sugli altri.

Libertà di associazione di adulti, nel rispetto della carità reciproca. Perciò non eterni minorenni che assorbono latte gratuito da “madre religione o da padre convento” per poi svincolarsi in avventure stravaganti, bensì responsabili del bene proprio e degli altri.

Sulla capacità della responsabilità si misura la maturità. La sudditanza favorisce l’irresponsabilità. La libertà libera le forze della maturità, che alimenta la corresponsabilità.   

 GCM 10.04.12