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Libri

Nello scrivere una lettera a Timoteo, Paolo chiede che gli siano portati da Troade, dove aveva dimorato, il mantello e i libri, soprattutto le pergamene. Cura per il freddo fisico, e per la mente che corre il pericolo di dimenticare.

I libri e le pergamene dovevano essere, presumibilmente, le Scritture, ossia la Bibbia. Paolo, attraverso lo studio, voleva confrontarsi con la Parola. La lettura come supporto della fede.

Mi sovviene di quel fraticello che, posto a custodia della biblioteca, alienava i libri, e si riprometteva di eliminarli, per far posto a una dispensa per le pentole della cucina! E, di più, si allarmava per i frati che desideravano dei libri. Costoro erano obbligati a curare una bibliotechina personale, per non essere estromessi dall’aggiornamento della teologia e della scienza che essi coltivavano.

Maometto rispettava Ebrei e Cristiani, perché erano le “religioni del libro”. Lutero si fondava sulla “sola Scrittura”, traducendo la Bibbia nella sua lingua corrente.

Paolo porta con sé i libri, e Pietro nella sua lettera, mostra di aver letto le lettere di Paolo (sebbene alcuni critici dubitino circa l’autenticità di quell’espressione di Pietro).

Per chi cura una biblioteca e per una comunità, che gode della grazia di una biblioteca in casa, lo scritto di Paolo è incoraggiante. Aumentare la  consistenza della biblioteca esistente, immettere nelle biblioteche tradizionali le nuove forme di copmunicazione, approfittando delle nuove tecniche, grazie alle quali Paolo non avrebbe dovuto chiedere di mandargli i libri da Troade. Ora il mondo è davvero paese.

GCM 18.10.11