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Legge e libertà

Il sabato è per l’uomo, non l’uomo per il sabato. Il Figlio dell’uomo è signore del sabato. La legge serve l’uomo, l’uomo non deve essere schiavo della legge.

Questa norma di libertà è ristretta al rapporto con le leggi esterne civili e religiose, o si estende a ogni legge, a ogni obbligo anche interiore?

Lo spirito è libero solo se non  si lava le mani prima del pasto, oppure anche a leggi di preghiera, a imposizioni di regolamenti o di voti religiosi?  Un francescano può liberarsi anche dal dettato della propria regola che dice: la regola e la vita del frate minore è vivere il Vangelo, osservare la povertà la castità, l’obbedienza?

Insomma può vivere la propria povertà, la castità, l’obbedienza, secondo le proprie intenzioni e non secondo la precettistica?

Fermo restando sempre il vivere il Vangelo, le tre qualità restano il fulcro di una scelta. Ma  la  declinazione di tale scelta è rigidamente quella prescritta dalle “leggi” delle costituzioni, oppure in coscienza il singolo o le comunità possono godere della libertà di “interpretare” in modo nuovo le leggi, applicandole anche con quell’“epicheia” stimolata dalla coscienza? La domanda non è accademica. Il famoso “peculio” o le presenti “mance” per permettere ai singoli frati di procurarsi oggetti necessari o utili, senza passare attraverso l’ordine o il permesso ufficiale, sono libertà sopra la legge? O indicano la “ padronanza del figlio dell’uomo sul sabato?

Altrettanto si dica per le leggi del codice di diritto canonico, per le leggi liturgiche, per  imposizioni numerose. In questi casi agire in “frode alla legge” è da condannare o da lodare come padronanza di quel figlio dell’uomo, che è il frate? 

20 luglio 2013