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Gelosia e felicità

Pietro è destinato a predicare Gesù agli Ebrei.

Paolo è consapevole di essere destinato a predicare Gesù ai pagani. Non poteva esserci invidia tra i due, poiché ciascuno dei due aveva raggiunto la consapevolezza del proprio incarico. Paolo poi ricorda nei suoi scritti, le mansioni molteplici e diversificate consegnate ai collaboratori di Gesù: le ricorda più volte. Addirittura egli riconosce i diversi compiti nella stessa area di azione. Uno semina, uno innaffia, uno fa crescere ed è Dio in quest’ultima azione.

Proprio il non conoscere fino in fondo e il non apprezzare con gioia il nostro singolo incarico, rende inquieti, si è sempre in cerca di altro, scontenti del nostro compito.

Scoprire, alla luce di Dio, la salvezza insita nel nostro compito, rende questo splendido e godibile. Socialmente, anche ecclesiasticamente, differente e forse in gradi diversi, ma ogni mansione sublime se vissute in Dio!

Nelle comunità religiose, la necessità di scoprire bene il posto e il carisma di ciascuno, rende la comunità unita e bella. Lo splendore di una comunità non sgorga dall’uniformità, dalla reciproca critica o dall’invidia. L’invidia tende a produrre un nascosto boicottaggio delle azioni degli altri. Almeno il raffinato perfido boicottaggio della critica,della disapprovazione, del distacco, che è anche autodistruttivo, oltre che distruttivo per gli altri. Infatti il bene che ci raggiunge come partecipazione nella gioia alla gioia degli altri, non ci raggiunge, ne siamo privati.

Siamo riuniti in un gruppo (famiglia comunità associazione) per moltiplicare il bene di ciascuno, in sinergia con il bene degli altri. Come avviene per la preghiera in comune.

20. 7. 2013