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Comunità

I discepoli di Gesù, dopo la sua risurrezione frequentavano il tempio e si radunavano nel privato per celebrare il ricordo e la presenza di Gesù. Due poli: l’ufficiale assembleatico, e il privato nella fede in Gesù. Assemblea e comunità.

Dopo Costantino a poco a poco la comunità si riversa totalmente nell’assemblea, che assume i due compiti, e diventa ecclesia in senso forte. Il popolo di Dio, radunato nella fede in Gesù, vive la fede nell’ufficialità.

Eppure nella vita del cristianesimo è sempre rimasto vivo il bisogno di raduni più ristretti. Il monachesimo, sia quello spicciolo che si trovava facilmente nelle periferie delle città e dei paesi, sia quello ampio e organizzato, nelle tebaidi o nelle celle, mantenne le funzioni delle comunità di fede. Poi nacque il monachesimo, in specie quello occidentale (chi non ricorda Benedetto e il benedettismo!). Dopo il monachesimo, sorgono gli Ordini religiosi, entro i quali si creano i gruppi che si radunano (convergono nei conventi) e formano le comunità, comunità che continuano negli istituti. Oggi sono numerosi i movimenti, che si distinguono dalle assemblee parrocchiali, per seguire una propria liturgia.

Così si rinnova la bipolarità: assemblea e comunità, ufficialità e privatezza.

Quale il rapporto dinamico tra le due realtà? O meglio: quale beneficio le comunità, agendo in quanto comunità (sia di movimenti che di conventi) possono recare alle assemblee? Le comunità (come comunità e non nei singoli membri) quale missione devono svolgere per l’assemblea, senza esserne inglobate?

GCM 19.08.12