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Apostolato conventuale

Chiamati da Dio. Senza aver udito la sua voce. Eppure avendone avuto la conferma dalla nostra stessa vita.

Chiamati da Dio, come i Profeti, come Gesù, come il popolo d’Israele, come la Chiesa di Cristo. Ossia per rendere gloria al suo nome, per conoscere e far conoscere che Lui è Dio e non ve n’è altro.

Conoscere Dio, ossia scoprirlo come Padre e Trinità, come gloria e umiliazione impersonate in Gesù.

Conoscere Dio, nella preghiera, nel silenzio, nello studio, nella meditazione, nel Vangelo, nella contemplazione.

Conoscere Dio per farlo conoscere. I metodi per far conoscere Gesù e Dio, sono infiniti, perché ogni persona è attivata dallo Spirito Santo, secondo le dotazioni personali, che lo Spirito conosce bene.

Tuttavia si possono riassumere, grosso modo, in due grandi schiere: apostolato individuale e apostolato comunitario. La preferenza dei sacerdotoi secolari è per l’apostolato individuale. La preferenza dei frati e delle molte associazioni laicali è per l’apostolato comunitario.

Nel DNA dei Conventuali, proprio perché la loro caratteristica è la conventualità, l’apostolato è comunitario, o fraterno. Non perché tutti si debbano fisicamente trovare assieme, come in coro o in refettorio, ma perché facciamo l’apostolato ricordandoci di essere membri di una comunità, dalla quale si riceve forza (anche attraverso il vitto, il  vestito, la casa) e alla quale si porta il frutto dell’apostolato.

Non è questione di apostolato, ma del “modo”: individuale o fraterno. L’apostolato è attività e obbligo di tutti. Però l’apostolato dei frati riceve forza (forse un’aggiunta di forza!) prorpio dal loro viversi comunità e fraternità.

GCM 25.02.12