“Si domandava cosa fosse questo saluto”. La presenza della riflessione però non la conduce lontano (come, del resto, ogni riflessione umana davanti all’azione di Dio).
Dall’imbarazzo la toglie lo stesso annunciatore. È la solita importante frase che rassicura chi si trova in una situazione nuova, non comprensibile, perché troppo lontana, soprattutto se tale lontananza segna la distanza tra uomo e Dio. Ed ecco la frase: “Non temere” (me foblou).
I Vangeli sono disseminati da questo incoraggiamento: “Non temere”. Il tema “fob” (paura) si trova ben 158 volte nei libri del Nuovo Testamento. Quasi sempre il temere si riferisce a un sentimento, che si allarma davanti a manifestazioni o fenomeni inconsueti, misteriosi, quasi sempre attribuiti a forze extraumane, divine o diaboliche.
Qui l’angelo spiega chiaramente il motivo della rassicurazione del temere. È un capovolgimento del timore di Dio, del Dio onnipotente di fronte al quale la creatura si disorienta.
Qui, con Maria, è tutto il contrario. Non deve temere, proprio perché Dio è presente. Non incute timore, ma è “con te”, davanti a lui hai trovato “grazia”.
Maria è graziata (kekharitomene) per la presenza di Dio: con te (meta sou). Il tema del saluto “ka” è lo stesso dell’essere graziata (grazia: karis). “Non temere, hai trovato grazia. La grazia di Dio supera e contrasta la paura di Dio. Il nuovo rapporto è tra coraggio e dono, tra la non paura e la grazia.
Quale grazia? Quale benevolo dono? Semplicemente la completezza della donna grazie la maternità. Il rapporto con Dio rende questa donna semplicemente donna attivata, completa.
28.12.2016