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L'ambiguità della croce

Io ardo di amarezza, quando parlando della morte e della passione di Gesù, mi sento dire oppure leggo: “Doveva soffrire”! Cioè che nel suo destino era necessaria la sofferenza della Passione.

E poi una mezza teologia, che pone in rilievo il fatto del Sangue come pagamento per il riscatto dai peccati, oppure peggio, come sacrificio necessario, per placare l'ira di Dio. Sotto  sotto a questa non rara teologia, Dio viene presentato come un arrabbiato creditore, che si “placa” dopo aver visto il sangue. Ma che, scherziamo? Un Dio arrabbiato e vendicativo è una bestemmia, che non si ricorda che la “costituzione” di Dio è Amore: così Dio ama il mondo, donando il Figlio!

Lasciamo ai pagani le arrabbiature fulminanti di Giove, e a una corrente teologica ebraica uno Jahveh con il fucile sempre spianato. La morte di Gesù era prevista, proprio perché Gesù divenne uomo. Gesù è il Salvatore di noi, poveracci, con tutta la sua persona e con tutta la sua storia. Gesù è il Salvatore, il Redentore, non ci salva “la Croce”.

La morte di Gesù era nel disegno di amore di Dio. La morte in croce era il perverso disegno degli uomini.

Morendo, comunque, Gesù dava compimento alla sua vita, come era naturale; e compiendo la vita, Gesù compiva la sua missione in terra, ossia quella parte di missione che era la sua storia, mentre l'altra parte di missione si inizia e continua, grazie – non alla Croce – ma alla Risurrezione. Credo sia ovvio per chi ama Dio ed è certo del suo Amore, non pensare a un Dio che fa soffrire (non semplicemente morire) l'amato Figlio, in cui Dio si compiace.

18.04.15