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Atteggiamento di figli

Affinché la mia preghiera diventi cristiana, non occorre cambiare formule, ma urge semplicemente cambiare atteggiamento. Da schiavi a figli, ci suggerisce lo Spirito Santo attraverso Paolo. Da schiavi che guardano il padrone (il “Signore”?) da lontano con timore, a figli che con amore si vivono nella famiglia trinitaria. Come comportamento nulla può cambiare, come atteggiamento tutto è nuovo.

Perfino quando preghiamo con i Salmi, che spesso esaltano Dio per la sua potenza, noi diciamo: “Questo onnipotente è uno di famiglia: è mio Padre”. Le formule, anche quelle vecchie, ormai vecchie e lise, acquistano un nuovo sapore: è il sapore del pane casereccio, e non quello del negozio.

Si sa che in famiglia tutto acquista un sapore diverso, non solo il cibo, ma anche l’aria, e il calore delle coperte. Ora il Vangelo, assimilato, ci abitua, a poco a poco, a percepire il sapore e l’atmosfera della famiglia trinitaria. Allora ci si accorge del valore e del sapore di quel “Io e il Padre siamo una cosa sola!”. Questa frase costò a Gesù l’accusa di essere un bestemmiatore: “Ti accusiamo di bestemmia, perché tu, che sei uomo, ti spacci per Dio!”. La frase di Gesù è la nostra entrata nell’Eterno. Lui è la porta delle pecore sue. Porta spalancata sull’Eterno, sull’Immortale, sull’Amore.

È lo Spirito di Dio, che ci dona il nuovo atteggiamento di figli, purché noi lo desideriamo davvero. Basta desiderarlo, perché Dio vede i nostri desideri sinceri, che già sono una richiesta. Forse non ne siamo coscienti immantinente. Ma viene il Vangelo a istruirci sull’intimità di Dio, e così – se il Vangelo non è solo letto, ma gustato, sofferto e assaporato – la luce dello Spirito, che si instaura in noi, ci rende capaci di vivere e di sentire il nuovo atteggiamento.