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Annuncio prima di tutto 

Gesù parla, deve parlare: per questo sono stato mandato. Spesso le persone sono colpite dal “miracolo”, e trascurano la parola, anche quando questa indica il senso della stessa parola e dello stesso miracolo.

Gesù il miracolo (ossia i fatti che destano meraviglia –mirari-) quasi sempre lo fa su richiesta: “Se vuoi, puoi guarirmi”, “Mia figlia è malata, vieni”. Altre volte il “segno” gli viene addirittura carpito, come fece la donna affetta da metrorragia. Sono quindi le persone che si rivolgono a lui. Però anche quando gli presentano un paralitico, Gesù comincia con la parola: “Ti sono rimessi i peccati”.

Eppure i “miracoli” Gesù li compie per caso e, quasi sempre, su richiesta. Mentre la professione di Gesù, non è quella del taumaturgo, ma quella dell'annunciatore: “Andiamo da un'altra parte a predicare, perché per questo sono stato mandato”.

La professione di Gesù è l'annuncio. Solo dopo egli si concede al miracolo. La moltiplicazione del pane, o la pesca miracolosa si attuano dopo la predicazione. Gesù ci tiene alla propria parola, fino a entusiasmarsi per quelli che l'ascoltano: “Ti lodo, Padre, perché ai piccoli riveli il regno dei cieli”.

Gesù alla stessa sua professione introduce anche i suoi: “Andate e annunciate”. Questa è la primaria missione della Chiesa. Anche la carità e l'amore verso il prossimo  sono segnati da questa cifra: “Vedano le vostre opere buone e glorifichino il Padre!”.

Se poi noi ricordiamo che opera e parola, nel linguaggio proprio di Gesù, si servono dello stesso lemma, allora anche i fatti, i miracoli, rientrano nella categoria dell'annuncio. Anche la casualità del taumaturgo rientra nella professionalità dell'annunciatore.

15.02.14