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Offesa e offensore

Chi ci offende, si oppone a noi o ci vede con preconcetti, può ricavare un bene dalle sue azioni non buone?
Dipende anche da noi, oltre che, evidentemente, dalla bontà di Dio. Certamente chi ci offende suscita in noi, che non siamo né perfetti cristiani né perfetti stoici o perfetti monaci buddhisti, una vera sofferenza. Però la sofferenza può essere considerata sotto diverse angolature. Una di queste, quando guardiamo Gesù sofferente, è anche la sofferenza vista come valore. Il Papa dice che l’ammalato è la forza della chiesa. A ciò ci porta l’esperienza di Gesù. Il dolore psichico è un vero dolore… forse un piccolo raffreddore noioso. Quindi la sofferenza psichica fa parte dei valori, e può essere utilizzata come un valore, che arricchisce l’intimo della chiesa e dell’umanità.

Chi è umiliato, può diventare umile. E Dio guarda con dolcezza gli umili e i piccoli. Una prima utilizzazione della sofferenza morale, è quella di offrirla a Dio, a beneficio proprio dell’offensore. La sua conversione è preziosa davanti a Dio, e davanti ai figli di Dio. Tra i quali si trova anche l’offeso.

Gesù è Maestro: Padre, perdona loro, perché non hanno coscienza di ciò che stanno facendo. Gesù non tratta i suoi crocifissori da grandi malfattori, ma da incoscienti, ossia da coloro, che ancora non sono cresciuti fino alla riflessione sulle proprie azioni.

La sofferenza di Gesù si riversa dentro il piano della salvezza, deciso da suo Padre. Non è materiale di scarto, ma materiale riciclabile.

Il poter trasformare l’offesa in un bene, non solo per l’offeso, ma anche per l’offensore, può attivarsi con la forza dello Spirito Santo.  

 26.01.14