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Interpretazione sublimatrice

È proprio vero che la botte dà il vino che ha. La nostra facilità a giudicare (criticare quasi sempre) il prossimo, mostra sotto quale luce noi vediamo la realtà, non accorgendoci del mondo degli altri.Tutte le cose noi le vediamo dal nostro punto di vista. Che il sole girasse intorno alla terra, era il punto sul quale si basavano i giudici ecclesiastici nel giudicare chi vedeva non solo “oltre”, ma soprattutto giusto.

Tale costume di giudicare secondo noi, le azioni degli altri, oggi ci viene ricordato dal Vangelo di Giovanni. Nel pieno di amore e di riconoscenza per il fratello risuscitato da Gesù, Maria di Betania versa sui piedi di Gesù un alberello pieno di un profumatissimo nardo, un prodotto costosissimo. All’occhio grifagno di Giuda questo è giudicato un inutile spreco, che gridava vendetta con le necessità dei poveri (a suo dire), alla sua sete di rubare (al dire dell’Evangelista). Poveri o latrocinio era il modo di vedere di Giuda, che non aveva capito un bel nulla di quello che la donna provava.

Ma ecco l’intervento di Gesù. Gesù capisce la donna, la difende. Inoltre Gesù vede dell’altro. Affetto sì, ma anche “profezia”. Profezia che probabilmente la stessa donna non intendeva. Le tre persone giudicano la stessa azione secondo la prospettiva personale. Nella donna l’affetto, in Giuda l’avidità che giudica un atto sprecone, in Gesù la profezia sulla propria morte.
Giuda si oppone, Gesù eleva a più profondi significati. Giuda profana l’affetto, Gesù lo completa innalzandolo.

Ciascuno dà del suo, affetto, avidità, profezia. Giuda ha deprezzato Maria, Gesù l’ha sublimata, anche se Gesù prevedeva la propria morte. Gesù era sempre Gesù.

30.03.15