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Gesù parla e opera

“Mi è fratello, sorella e madre”: sono le parole di Gesù per indicarci la parentela con lui. Non è parentela la consanguineità. È altra parentela che si salda proprio attraverso ciò che noi disprezziamo.

Infatti un detto comune scorre sulle nostre bocche, e lo troviamo anche nei libri del Nuovo Testamento, per esempio in Giacomo: “Non parole, ma fatti!”. Gesù ci assicura che siamo suoi fratelli se “ascoltiamo la parola di Dio”. Attraverso la parola di Gesù, apprendiamo qual è la volontà di Dio, che, fatta, ci rende fratelli di Gesù.
Di nuovo il “fare” sopra la parola? No, perché chi circondava Gesù e che Gesù dichiara essere suo familiare, stava lì per ascoltare la sua Parola. In Luca troviamo esplicitamente: “I miei fratelli sono coloro che ascoltano la parola di Dio e la mettono in pratica”.
Si parte dalla parola per arrivare ai fatti.

Gesù, profeta, sottolinea l’ascolto della parola. Ne sa qualche cosa Marta, quando si lamenta di quella oziosa di Maria, che sta solo ascoltando le parole di Gesù. Marta preferiva i fatti, Maria le parole (di Gesù!), e Gesù difende l’oziosa!

L’importanza della parola, superiore ai fatti, non nega i fatti, ma li vuole illuminati, stimolati e sorretti dalle parole. Da qualsiasi parola, anche da quella di imbonitori e truffaldini? Evidentemente no. Ma dall’unica parola sicura: da quella che esce dalla bocca di Dio.

Come la parola non nega i fatti, neppure i fatti possono negare la parola. Anzi è la parola che autentica i fatti. Ne consegue un bisogno di conoscere bene e cordialmente la parola, per non deviare nei fatti.
Inoltre la parola di Dio, accolta, diventa necessariamente produttrice di fatti.       

27.01.14

Gesù persona onesta

Quando reputiamo onesta una persona, ci fidiamo della sua parola data. È vita di ogni giorno, per quella naturale aspettativa di onestà tra gli uomini, che è l’intelaiatura della vita sociale.
Gesù è una persona perlomeno onesta? Come mai non tutti si fidano della sua parola? Lo stimiamo una persona disonesta, che non merita credito? Lo crediamo onesto sì, ma un illuso? Può essere un illuso una persona che assicura di risorgere dopo la morte, e poi lo realizza?

Fidarsi della parola di Gesù è quanto possiamo fare con lui. Certamente lui le spara grosse, fuori del nostro recinto mentale. È da fidarsi? Se non avesse realizzato quello che diceva, allora non è da fidarsi di lui. Ma ecco che dice a un morto già all’inizio della putrefazione, di uscire vivo dal sepolcro, e questi esce davvero. Notiamo: dice e la cosa avviene.

Tutto sta nel suo “dire”. Il suo dire è il fulcro della realtà. Come il “dire” iniziale di Dio: “Disse e fu fatto!”. Potenza del dire, che produce fatti. Tra dire e fare c’è di mezzo il mare per noi impotenti e miseri. Per l’onnipotente non c’è di mezzo il mare, anche perché il mare lo crea lui grazie al suo dire.

Noi, cristiani, siamo designati come “uditori della parola”. Quelli che sanno ascoltare, e in loro la parola è produttiva: siamo quelli che ascoltano la parola di Dio per lasciarcene penetrare ed eseguirla; non siamo come i pagani, che pregando comandano a Dio, affinché eseguisca la loro richiesta. Noi preghiamo per essere investiti dallo Spirito di Dio, quello Spirito che Dio concede a coloro che lo chiedono. Poi agiamo, mossi dallo stesso Spirito, che ci fa dire con sicurezza: “Abba” il Padre.