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Ira provvidenziale

Io godo quando incontro Gesù in polemica contro i suoi avversari. Egli è visibilmente adirato. L’ ira fa perdere l’aplomb a tutti, e escono scorrevoli le riserve segrete del nostro profondo anche quelle che di solito riserviamo sia alle persone antipatiche (titolacci), sia a quelle simpatiche (affettuosità). Sembra che nell’ira emerga quel poco di sincerità che è riservato a noi.

Gesù, in polemica, lascia uscire da sé tutta la propria intimità, addirittura il suo essere Dio!

Il Vangelo di Giovanni riporta parecchi di questi squarci polemici, squarci che ci rivelano la sua divinità, che è e sarà il nostro paradiso. Egli rivendica il suo essere inviato dal Padre, quando parla di “colui che mi ha inviato”. Parla del proprio avverare in sé le profezie e la completezza del cammino di salvezza inaugurato da Dio, attraverso Mosè. Denuda la perversa cecità degli scribi, i quali, conoscendo le Scritture, sarebbero dovuti essere i suoi naturali alleati.

Questa è una sofferenza per quel Gesù, che era stato destinato per guarire “le pecore” di Israele. Quell’Israele, che Dio aveva visto dotato della “dura cervice”, e che pure aveva scelto. La dura cervice ritorna non solo nei confronti di Jahweh, ma anche nei confronti del Figlio. Quella dura cervice, necessaria a respingere le infiltrazioni del politeismo, e che invece era impiegata contro il Messia di Dio.

Del resto, tutta la nostra vita, in ogni sua dimensione e in ogni espressione, è destinata a Dio e al suo amore per lui, eppure molte volte anche noi, come gli scribi e i farisei, deviamo verso il nulla o verso la sciocchezza delle nostre passioni, quello che Dio aveva immesso in noi per facilitare il nostro abbandonarci in lui.

La gioia dell’abbandono spesso l’abbiamo cercata in altro e non in Lui.

03.04.14