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Gli amanti di Gesù

Gesù dichiara amici i suoi. Loro indica l’esigenza del Padre: l’amarci l’un l’altro. Questa è la sua pressante indicazione (comandamento, entolé) .

L’esigenza di ogni padre bennato è quella che i figli si amino, perché non cadiamo nel delitto dei fratelli di Giuseppe: uccidere o vendere il fratello.

Gesù dichiara agli apostoli che essi sono i suoi “amati” (il termine “amico” indica una persona che è amata). Ed esprime poi le componenti del suo amore per gli “amici”: dare la vita per loro, e confidare loro la propria ricchezza interiore: ciò che lui ha appreso dal Padre, lo ha comunicato agli amici.
Nell’amicizia di Gesù non esistono segreti. Tutto il suo è nostro. Perfino la sua inconcepibile divinità. La sua amicizia non è ristretta da confini: vita e interiorità sue sono anche degli amati.

Tutta questa generosità di Gesù ci sta molto bene, ne siamo contenti: c’è però un passaggio nel discorso di Gesù, che urta contro la nostra educazione e la nostra autoeducazione  all’egoismo. Allora ci stacchiamo da Gesù. Infatti da lui ci allontaniamo non perché lui ci ama, ma perché ci stimola ad amare davvero. Amare davvero anche l’amante a nostro servizio.

Infatti ci dice: Amatevi come io ho amato (più esattamente nel linguaggio aramaico: come sto amando) proprio voi. Qui il nostro orecchio si fa sordo, il nostro cuore cade in aritmia, la nostra vita si affloscia. Siamo talmente abituati a orpellare i nostri egoismi con la parola “amore”. Più sono bassi i nostri egoismi e più li camuffiamo di amore.

Però l’esempio di Gesù, l’uomo davvero uomo, è lì e ci richiama alla realtà dell’amore: amatevi come (!!) io vi sto amando.

GCM  14.05.12