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Beati i poveri

Beati i poveri. Essere poveri, secondo Gesù, è essere beati.

Quale povertà? Quale beatitudine?

Povertà è vivere nel bisogno. Non solo quello finanziario, come ci avverte anche il cardinale Martini. Povertà è mancanza e bisogno di affetto, di idee, di relazioni sociali. Povertà è la nostra quotidiana precarietà, la nostra inguaribile ignoranza, soprattutto di quanto concerne la verità di Dio, il senso del Vangelo, la direzione ultima della nostra esistenza.

Povertà è il mare di buio e di negatività, nel quale siamo tuffati, anche quando la nostra presunzione ci vorrebbe far credere di essere a posto. Povertà sono le continue illusioni, delle quali ci nutriamo per rimediare un po’ al non senso del nostro esistere.

Beati i poveri. Beati coloro che riconoscono e ammettono la propria nullità. Beati se, consci della nostra precarietà, ci affidiamo unicamente a Dio.

Beati, ma quando?

Nell’avvenire della pace in Dio, in seguito alla nostra morte? Sì. Però già ora possiamo sperimentare la nostra beatitudine.

E’ la beatitudine della pace del cuore, che è in ribollimento quando siamo ricchi di pretese e di ambizioni.

E’ la beatitudine dell’armonia tra le persone della stessa casa, dello stesso ufficio, della comunità religiosa. In questa la povertà rende tutti eguali. La discordia nasce dalla diseguaglianza, che mina la stima e l’accettazione reciproca.

La povertà che, con Gesù, si lascia beatificare, è alla base della beatitudine e dell’armonia. Beata!

GCM 22.02.13