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Oltre il mio confine

Ieri sera mi hanno ricordato due vie per l'incontro uomo-Dio, all'interno di una conversazione. Da una parte ho ricordato lo sfondamento del tetto di Bissonier, da un'altra lo scavo al limite del profondo di Mate Blanco. Evidentemente qui emergono i limiti dell'uomo, sia guardando verso l'alto, sia sprofondandoci al limite della persona

Ricordare Sant'Agostino riesce naturale, quando egli parla di Dio, che è “superior summo meo, inferior intimo meo”. Oltre la mia altezza, oltre il mio profondo.

 

Noi siamo limitati, finiti, ossia rinchiusi da “confini”. Oltre il nostro confine, c'è necessariamente dell'altro. I confini separano, definiscono, e perciò necessariamente, non includono l'altro da noi, l'altro che non riusciamo a “definire”, ossia ad attribuirgli una faccia precisa.

Lacan diceva appunto che la persona è delimitata, grazie all'esistenza dell'altro. L'altro singolo, diverso da me. L'altro sociale, con il quale sono in relazione, l'altro esistenziale che c'è, ma che non è passibile di definizione, ossia l'Altro che si confonde con l'essere aperto, totale, indefinito.

Nella Genesi, quest'Altro non si lascia definire, perché non è definibile, proprio perché, con un nostro povero linguaggio, è infinito, con l'”in” negativo. Di fatto Dio, in quell'occasione, di dice soltanto esistente: sono soltanto e totalmente essere, esistenza illimitata, non circoscrivibile.

Noi ci confiniamo o ci definiamo dentro il globo totale dell'esistenza, lui non si definisce, non “può” definirsi.

17.05.17