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Dio trasmette Amore

I canali, attraverso i quali, il Padre fa arrivare a noi il suo Amore, sono numerosi. Il canale ineludibile e fisso è sempre Gesù, il mediatore tra Dio e l’uomo. Però Dio fa giungere la sua grazia in molti modi: ed ecco il Vangelo e i sacramenti, i quali pescano la loro potenza dallo stesso Gesù.

Le devozioni, se bene intese e vissute, sono canali autentici. I santi, ai quali si rivolge la devozione e la fiducia di molti credenti, sono “intercessori e mediatori di grazia”, proprio perché essi ci portano a Gesù, e da lui prendono quella misericordia, che poi riversano nel mondo.

La Scrittura ci ricorda gli angeli, come aiuti all’uomo, non perché potenti, ma perché compiono la volontà del Padre, che anche attraverso gli angeli consola e conforta noi, suoi figli.

E poi ciascuno di noi è mediatore dell’Amore di Dio. L’uomo si crede soltanto usufruttuario dell’Amore di Dio, mentre, proprio perché figlio di Dio nel Figlio Gesù, è tramite della grazia. Forse di questa missione ci ricordiamo poco.

Un po’ più attenti a questo dono e a questa missione, sono i servi scelti da Dio, quelli che noi chiamiamo “ministri”. Ci sono due occasioni, nelle quali la fede ci aiuta a vedere come “Dio ha bisogno degli uomini” per avvicinare la sua misericordia ai suoi figli: la Messa e il sacramento della riconciliazione. L’uomo invoca la benedizione del pane e del vino, per l’azione dello Spirito Santo, e immantinente Gesù è nel sacramento del cibo. L’uomo trasmette l’assoluzione dei peccati, e il perdono di Dio solleva il peccatore. Quell’uomo freme e trema nel produrre il mistero.

08.11.16

A un visitatore (ispettore) interno all’ordine ho fatto notare che per formare un “fraternità” conventuale, si richiede molto tempo per trovare una possibilità di intesa psicologica tra le persone, che lentamente si conoscano, apprezzino le qualità degli altri e si aprano alla reciproca confidenza.

Mi fu fatto l’obiezione: noi ci uniamo con una esigenza e con una motivazione superiore, che è la vocazione. Ci ho ripensato: la grazia di Dio (termine astratto!) quindi può “non adattarsi alla psicologia dell’uomo”. Allora perché Dio non guarda all’uomo, quando lo sceglie?

Come conseguenza: che valore riveste l’incarnazione di “Colui che nasce da donna”, come dice S. Paolo?

Io osservo con quale cura, il Padre ha preparato quell’uomo, che doveva essere uomo Dio.

Ha cominciato con scegliergli una madre. Premettiamo: Dio ha creato le persone umane, secondo il suo progetto. Egli conosceva bene le leggi dell’ereditarietà, e la scelta di quella fanciulla, Maria, fu compiuta sapendo quali influssi biologici quella fanciulla avrebbe inviato al figlio, influssi tutto personali, dato un unico DNA versato nel figlio: quel figlio dotato di una sensibilità molto fine.

Poi Dio, perché quel bambino si sviluppasse con un’educazione adeguata, gli scelse un padre “putativo”, invitandolo, in sogno, di non ripudiare Maria e, con lei, l’opera di Spirito Santo attuata in lei. Dio scelse Giuseppe così, a caso, o con una bella capacità intellettiva di scelta… capacità divina?

Oggi si formano le “fraternità” con l’oculatezza di Dio?

28.09.16