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Danza d’amore

Ciò che piace al Padre, faccio sempre.

È il chiaro passaggio da una morale precettistica a una morale relazionale. Dal freddo dell’obbligo, al caldo dell’amore. È la morale dei fidanzati, degli innamorati. Non un dovere, ma una piacevole dedizione. La dedizione è uno dei segni forti dell’amore. Quel segno fondante dell’universo, donato da Dio allo stesso universo. Quel segno fondante la salvezza risuscitata, donata all’uomo in Gesù, Dio umanato.

È un piacere per Dio? Allora lo faccio. Piace a Dio la fedeltà dei mariti e delle madri. Il piacere è frutto dell’amore, di ogni amore. Per convalidarne il valore, Dio ha donato il piacere alla più alta dimostrazione d’amore nell’abbraccio uomo-donna. Il piacere è luminoso e retto soltanto in un contesto d’amore.

Ama Dio, e vibra del piacere di compiere la sua volontà, di obbedire a chi ti ama. L’obbedire a chi non mi ama o non è capace di amore, non fa sgorgare la gioia. L’obbedire per l’obbedire genera tristezza e musoneria: non è l’obbedire umano, ma l’obbedire del mulo, costretto, non attirato dalla… carota.

Ciò che soltanto a lui piace, lo compio sempre, e quasi sempre con leggerezza. La leggerezza è sempre stimolata dalla gioia, e questa è insita nell’amore. La danza è un piacere leggero. Forse perciò nella patristica greca, il rapporto d’amore reciproco della cara Trinità, è definito come “pericoresi”, una danza circolatoria. Un movimento che prende la vita per alleggerirla.

Ciò che piace al Padre, lo faccio sempre.

17.02.2016