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Conoscere Dio?   1 

Quando affermiamo che Dio è spirito, come intendiamo il vocabolo “spirito”? Secondo le nostre categorie? Ma le nostre categorie non possono descrivere Colui che è totalmente Altro anche dalle nostre categorie. E allora davanti a Dio non resta che tacere, come vuole una certa corrente filosofica abbastanza recente?

Eppure di Dio non possiamo non parlare. “Non possiamo non dire ciò che abbiamo veduto”: dichiarano gli Apostoli, citati come eretici davanti al Sinedrio ebraico. Ecco allora la possibilità di parlare di Dio: ciò che abbiamo visto, per gli Ebrei era soprattutto la liberazione dalla schiavitù, per noi cristiani la Risurrezione di Gesù, quel punto di partenza, per guardare a ritroso la vita di Gesù, e un avanti la vita della comunità di Gesù, formata da lui dopo la risurrezione. Noi parliamo di Dio, desumendo da ciò che abbiamo visto. Pietro si accorge che “Dio l’ha risuscitato dai morti!”.

La conoscenza di Dio cristiana, per quel minimo che si possa dire di Dio, si basa sulla storia.

Molti dubitano della storicità dei Vangeli. Sono quegli stessi che sono sicuri, per esempio, della storicità del “De bello gallico” scritto da un poco umile autocelebratore. Però, svestendo il “De bello gallico” dalle lodi che lo scrittore si dona, rimangono i fatti. Con il Vangelo, circa la sua storicità, ci troviamo avvantaggiati. In essi del suo protagonista e dei suoi vicini, si ricordano vizi e virtù.

I fatti rimangono e, per esempio, della sua risurrezione, non troviamo spiegazioni umane. Un Altro ha agito.

13.01.2016