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L’opposto di Dio

Meditando su un testo di Walter Kasper, mi imbatto in una frase, che fa gioire e tremare: “Amore insondabile di Dio, che per amor nostro entra nell’opposto di se stesso”.

Dio è l’essere, l’opposto di Dio è il nulla. Dio è “onnipotente”, come ci indica di ripetere la liturgia. L’opposto è la totale incapacità, anche a difendersi davanti alla morte di croce.

Evidentemente io non sono capace di entrare dentro questo abisso. Lo scoprirò dopo, se Dio vuole (e lo vuole perché mi ama); intanto mi arriva, dallo Spirito, la luce dell’accettazione. E scrivo queste misere parole, per invitare altri ad accettare, insieme con me, il buio e la luce del mistero.

Quando Paolo afferma di non voler sapere altro se non il Cristo crocifisso, egli tocca la radice della fede, che tanto è più chiara, quanto più accoglie le tenebre del mistero.

La morte di Gesù non spiega l’amore di Dio, eppure lo illumina. Non riusciamo a cogliere il perché, ma a gustarne semplicemente il fatto.  Anche davanti a un tramonto la gioia nel vederlo non ci viene dal sapere il perché del tramonto (sebbene la scienza ce l’abbia spiegato), ma dal lasciarci travolgere dal fatto.

L’amore di Dio in Gesù è un fatto. Il perché di questo fatto, le dinamiche logiche, la scoperta delle connessioni, sono  nel dolce segreto di Dio. La teologia tenta di scoprire quel segreto; eppure la teologia, consapevole o no, applica sempre schemi umani, che non possono leggere nella profonda “sapienza” di Dio.

La teologia, la predicazione, l’esegesi provvidenziale dei testi, aiutano, ma non oltrepassano la soglia di Dio, quella che è riservata alla nostra risurrezione.

GCM 10.11.14